Modena, 22 settembre 2015
Abbiamo incontrato la nuova direttrice artistica
Laura Marinoni che, tra una riflessione sul senso del “Premio
teatrale” oggi e
qualche ricordo personale, regala qualche consiglio alle giovani attrici.
Signora Marinoni, che effetto le ha fatto, essere
nominata Direttrice artistica del Premio Virginia Reiter?
- Ho accolto la proposta con molto piacere, perché si tratta di un premio al femminile,
destinato a promuovere giovani attrici. Mi sento molto vicina agli artisti che
sono all’inizio
del loro percorso, forse perché continuo ad essere entusiasta del mio lavoro e mi
riconosco in quella speciale energia che li contraddistingue.
Che ricordo ha dei premi che ha ricevuto, a sua volta?
- Ne ho ricevuti tanti nel corso della mia carriera, ma i più belli sono stati sicuramente i primi.
Al di là del ritorno pubblicitario che un premio
generalmente garantisce, il senso più profondo di un simile riconoscimento è incoraggiare i giovani talenti a
esprimersi con fiducia ,anche in un mondo lavorativo ormai estremamente
instabile, in cui è sempre più facile cadere in depressione non appena
passano anche solo poche settimane di inattività.
L’attore ha
bisogno di stare sul palcoscenico!
Mi piace pensare ai premi come a una forma di
investimento che agisce sull’autostima del premiato, che aiuta a focalizzarlo
sui propri progetti futuri. Poi, se è previsto anche un minimo contributo economico,
sono particolarmente graditi, perché possono essere d’aiuto ai fini della messa in scena di un
nuovo spettacolo, o di una piccola produzione pensata ad hoc.
Quando ero giovane c’erano
moltissime produzioni teatrali, mentre ora, per allestire un progetto - nonostante i traguardi e la stima conquistati
sul campo - è sempre più difficile per tutti.
Il premio quindi, per un’attrice
giovane, è decisamente
un aiuto, un incentivo a perseguire il proprio percorso personale, al di là delle scritture che si ottengono.
Che capacità sono richieste a una giovane attrice, nell’era della
pluralità mediatica?
- E’ richiesta, oggi più di prima, la capacità di diventare autori di se stessi, di reinventarsi ogni volta, d’inventarsi occasioni per esplorare le proprie passioni e trasformarle in testi, performance, spettacolo. Non esiste più la figura del grande regista cui “affidarsi”, è una figura che ha passato il suo periodo di grande moda. Questo non significa che non esistano più i registi, ma il senso di questo mestiere sta evolvendo. Stiamo anche tornando per certi versi all’Ottocento, a figure capocomicali -che rischiano talvolta di diventare addirittura mattatoriali - ma in ogni caso agli attori viene richiesta una professionalità sfaccettata, una competenza tecnica di buon livello.
Per quanto
riguarda la crescita artistica, chi ha curiosità e talento solitamente non ha bisogno di essere
incoraggiato. Ma è vero che ci vuole ancor più determinazione per riuscire oggi, anche
laddove il talento e le motivazioni ci sono. In ogni caso, va detto: “Chi la dura, di solito ,la vince”.
Chi sente profondamente di avere qualcosa da
dire, chi ha un sogno vero, deve fare qualsiasi cosa per ottenerlo, con
passione, umiltà e coraggio.
Consiglio
di leggere e rileggere la “Lettera a un giovane poeta” di Rilke: dice tutto quello che abbiamo
bisogno di ricordarci come artisti.
Alle ragazze mi sento di ricordare l’importanza
della sincerità con se stessi, dell’onestà intellettuale, della ricerca della propria
bellezza interna innanzi tutto. Per saper fingere bisogna essere straordinariamente veri.
Quale insegnamento è possibile trarre, oggi, dall’esempio della
Reiter?
- Uno degli aspetti di Virginia Reiter che mi ha
maggiormente colpito è che fosse, a quei tempi, un’attrice tanto
versatile. Io ho un po’ il terrore delle cosiddette “attrici
drammatiche”,
per esempio. Drammatico è un aggettivo pericoloso, sia per chi lo usa che
per il povero destinatario!
In greco dramma dignifica azione , ma il suo senso nella nostra lingua viene spesso
travisato, diventando sinonimo di serioso, o di tragico.
Io sostengo invece che il teatro è prima di
tutto un gioco, e va fatto con allegria, con la felicità di fare un regalo al pubblico e a se
stessi. E’
un lavoro che si avvicina a quello dello psicologo, dello scrittore, dell’ autore, del
filosofo, dell’atleta.. Un lavoro che non smette mai di
arricchirti, di sorprenderti,di aiutarti a capire il mondo.
Mi piace
sempre mettere tanta energia vitale, positiva, anche nello studio dei testi
apparentemente più impegnativi.
A fine ‘800 la Reiter era stimata soprattutto per la sua
capacità di cambiare
ruolo, completamente, aveva una duttilità strabiliante nel trasformarsi, una duttilità che – nel 2015 –io non ho
mai smesso di cercare. Guai a rimanere imprigionati nei ruoli: in ognuno di noi
c’è una tavolozza
di colori, di cui l’artista ha il dovere di valorizzare l’intera gamma
di sfumature, senza dar nulla per scontato. Così,dopo 30 anni di carriera, ogni volta che
inizio le prove di uno spettacolo, ho la stessa emozione e la sensazione di non
farcela: ecco, è come se il passato non esistesse più. Ci sono io,
un foglio bianco su cui scrivere una storia nuova, io e i miei compagni di
viaggio e davanti chissà quale avventura.
Laura Marinoni parteciperà alla serata di gala del Premio
Virginia Reiter 2015. Edizione del ventennale dalla fondazione, sabato 26
settembre 2015, al Teatro Storchi di Modena (ore 21.00).